L’Arte della Rinascita: quando un Brand merita di essere salvato (e quando No)
Nel mio percorso come consulente di Marketing Strategico e Startup Advisor negli ultimi anni ho consolidato la mia esperienza anche nella gestione delle crisi, con un focus verticale sul Franchising Retail, settore dove ho avuto modo di analizzare da vicino le dinamiche di alcuni casi nel panorama italiano.
Oggi riscontro una tendenza inequivocabile: diversi marchi stanno affrontando fasi critiche che non possono essere risolte con misure superficiali, ma che necessitano di un’analisi profonda sulle cause scatenanti e sulla rapida evoluzione del mercato.
È da questo osservatorio sul campo che nasce la riflessione su quando valga davvero la pena combattere per risolvere la crisi di un brand per pianificarne un rilancio.
Nel ciclo di vita di ogni azienda arriva il punto di rottura: quel momento critico in cui i grafici puntano verso il basso e la percezione pubblica cambia di segno.
È qui che l’imprenditore e la dirigenza devono rispondere alla domanda più difficile: questo marchio ha ancora un’anima commerciale, o stiamo solo accanendo terapie su un modello superato?
Salvare un’azienda non è solo una questione di bilancio, ma di Valore del Brand residuo.
Ecco a mio giudizio come analizzare la situazione con freddezza clinica.
PARTE 1: LA DIAGNOSTICA GENERALE

I Tre Pilastri della Sopravvivenza
Prima di iniettare liquidità, bisogna verificare se il “paziente” è recuperabile analizzando tre dimensioni critiche.
1. La Resistenza del Patrimonio del Brand
La domanda chiave è: Se domani il marchio sparisse, qualcuno se ne accorgerebbe?
Un’azienda merita il salvataggio se possiede ancora uno “zoccolo duro” di fedeltà e un posizionamento sensato sul mercato.
Gli indicatori da guardare non sono solo le vendite, ma:
- Associazioni Mentali: Il nome evoca ancora valori positivi (es. affidabilità, nostalgia, qualità) o è diventato “tossico”?
- Rilevanza: Il problema è il prodotto (risolvibile) o è il marchio ad essere diventato irrilevante per la fascia demografica attuale? Se il mercato si è spostato e il brand non ha elasticità per evolvere, il salvataggio è quasi impossibile senza un cambio di rotta radicale.
2. La Sostenibilità dei Fondamentali (Redditività Unitaria)
Un errore comune è guardare il fatturato complessivo e alle quote di fatturato per linee di prodotti e servizi senza valutare correttamente l’impatto dei costi operativi per singola voce.
Quante volte mi è capitato di discutere, anche animatamente con altri manager proprio su questo tema!
Spesso nell’analisi delle quote di fatturato per comprenderne la redditività, mi sono imbattuto nell’analizzare delle operazioni con fatturati anche decisamente rilevanti ma a bassa marginalità che nascondevano delle perdite proprio nella gestione operativa con costi collaterali (ad esempio i costi logistici e di magazzino) che non venivano correttamente addebitati a quelle operazioni erodendo completamente la marginalità.
Per capire se un’attività è sana, bisogna guardare la Redditività Unitaria, ovvero il guadagno sulla singola transazione o del singolo cliente.
- Se il margine di contribuzione è positivo (vendo a 10 ciò che mi costa 6, costi fissi esclusi), l’azienda ha un motore funzionante che forse va solo “oliato” (taglio costi fissi, pubblicità migliore).
- Se la redditività unitaria è negativa (perdere soldi su ogni vendita sperando di rifarsi sulla quantità), il modello è strutturalmente rotto.
3. Il “Perché” nel Mercato Attuale
Il marchio risolve ancora un problema reale?
I prodotti hanno dei prezzi competitivi sul mercato, considerando anche la competizione online?
Anche in questo caso, ci sono situazioni spesso paradossali dove la marginalità necessaria alla sopravvivenza veniva forzatamente mantenuta a scapito di prezzi alla rete e quindi poi al pubblico e al cliente finale completamente fuori mercato.
Quando succede questo sui prodotti core deve scattare un allarme rosso perché significa che il modello di business non è più sostenibile con la stessa configurazione ed è necessario intervenire tempestivamente con una terapia d’urto.
Spesso le aziende in crisi sono quelle che offrono risposte a domande che nessuno fa più.
Un risanamento ha senso solo se esiste uno spazio di Mercato Libero in cui l’azienda può riposizionarsi in modo credibile perché il cliente finale può anche pagare un prezzo più caro un prodotto in cambio però della qualità superiore del servizio.
PARTE 2: IL CARBURANTE DEL RILANCIO

Perché servono Soci, non Creditori
Un errore fatale, tipico della cultura imprenditoriale italiana, è tentare il salvataggio ricorrendo esclusivamente al debito bancario.
Quando un’azienda è in crisi, ha quasi sempre un problema di cassa.
Chiedere un prestito alla banca significa aggiungere un “zaino di pietre” (interessi e rate di rimborso) sulle spalle di un corridore già esausto.
Il rilancio richiede Capitale Fresco (Capitale di Rischio), non debito.
- La differenza: La banca vuole i suoi soldi indietro con gli interessi, subito. Un socio investitore (Fondo di Investimento o Partner Industriale) vuole che l’azienda cresca per guadagnare sul valore futuro.
- L’utilizzo: I soldi della banca spesso finiscono per pagare debiti pregressi o fornitori arretrati (sopravvivenza). I soldi degli investitori servono per gli Investimenti Strutturali (ristrutturare i negozi, aggiornare la tecnologia, rilanciare il marchio), ovvero le uniche cose che possono generare nuovi ricavi.
- Il coraggio della diluizione: Molti imprenditori preferiscono fallire possedendo il 100% dell’azienda piuttosto che salvarla possedendone il 60%. Per salvare un marchio, bisogna accettare di aprire il capitale: meglio una fetta più piccola di una torta sana, che l’intera proprietà di una torta andata a male.
PARTE 3: ANALISI DELLA CRISI E AGGIORNAMENTO DEL MODELLO OPERATIVO
Sfruttare la Storia per Costruire il Futuro
La crisi di un marchio consolidato è spesso una crisi di “metodo”, non di “identità”.
Quando un marchio ha una storia forte, possiede un vantaggio competitivo che le nuove aziende non hanno: la fiducia pregressa.
L’obiettivo non è cambiare chi si è, ma come si serve il cliente.
Diagnosi: Obsolescenza vs. Esecuzione
Il primo passo è distinguere tra Obsolescenza del Prodotto (ciò che vendi non serve più) e Obsolescenza del Canale (il modo in cui lo vendi è scomodo).
- Se il canale è obsoleto, l’aggiornamento del Business Model deve puntare sulla digitalizzazione o sulla modifica dell’esperienza in negozio, mantenendo intatto il prodotto centrale.
- Se il prodotto è obsoleto, bisogna usare la forza del marchio per garantire la qualità di un nuovo prodotto.
La strategia del “Ponte di Fiducia”
Per aggiornare il modello operativo sfruttando il posizionamento, si applica la strategia del ponte:
- Isolare i Valori Intoccabili: Cosa amano i clienti storici? (Es. “La competenza”, “La vicinanza”, “L’assistenza”). Questi elementi non si toccano anzi si deve puntare a valorizzarli.
- Tagliare i Rami Secchi: Eliminare le linee di prodotto o i servizi che generano complessità senza portare profitto o addirittura generano perdite.
- Inserire la Nuova Leva: Introdurre una tecnologia o un metodo di servizio moderno presentandolo non come una rottura, ma come l’evoluzione naturale per servire meglio il cliente storico.
PARTE 4: FOCUS VERTICALE SUL FRANCHISING
Il mondo dell’affiliazione commerciale aggiunge un livello di complessità enorme: la rete.
Qui non si salva una sola azienda, ma un ecosistema di imprenditori indipendenti.
Il fallimento della casa madre spesso trascina con sé decine o centinaia di famiglie, anche se nell’ecosistema il Franchisor per esistere ha un bisogno strutturale dei Franchisee, ma i singoli affiliati, in caso di crisi soprattutto quelli più bravi e meglio posizionati sul territorio possono sopravvivere al Franchisor.
3 CASI DI SUCCESSO (Risanamento ed Evoluzione)

DOMINO’S PIZZA (Livello Globale):
La Crisi: Nel 2008, il marchio era in declino, criticato per la scarsa qualità del prodotto (“sapore di cartone”).
La Soluzione: Hanno ammesso pubblicamente i difetti (onestà radicale), cambiato le ricette e, soprattutto, aggiornato il modello operativo trasformandosi in una società tecnologica che vende pizza (app per tracciare l’ordine, facilità d’uso estrema).
Risultato: È diventato uno dei titoli azionari più performanti del decennio successivo.

BUFFETTI (Tecnologia e servizi alle Imprese):
La Crisi: Storico marchio sinonimo di modulistica cartacea per ufficio. Con la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e la fatturazione elettronica, il loro prodotto cardine rischiava l’estinzione.
La Soluzione: Hanno sfruttato il posizionamento di “partner di fiducia del professionista” per cambiare pelle. Da venditori di carta a venditori di Servizi Digitali e Software. Hanno formato la rete per vendere firma digitale, software gestionale e identità digitale (SPID).
Risultato: Hanno salvato i negozi fisici trasformandoli in centri di consulenza tecnologica di prossimità.

TECNOCASA (Consolidamento):
La Sfida: L’arrivo dei portali immobiliari online che minacciavano di disintermediare le agenzie fisiche.
La Soluzione: Invece di combattere il digitale, hanno integrato un database centrale fortissimo mantenendo però la centralità dell’agente di zona. Hanno aggiornato il modello formativo degli affiliati, rendendoli consulenti indispensabili e non semplici “apri-porte”, sfruttando la loro presenza storica e riconoscibile in ogni quartiere.
QUNADO IL BRAND CROLLA MA LA RETE SI SALVA (Passaggio al Competitor)
A volte il marchio della casa madre è troppo compromesso o finanziariamente insostenibile, ma la rete di negozi ha ancora valore (posizioni strategiche, clientela locale).
In questi casi, il salvataggio avviene tramite l’acquisizione da parte di un concorrente più solido che “cambia l’insegna” e pianifica un Rebranding.

OPENGAMES → GAMESTOP (Tecnologia e Videogiochi):
La Crisi: Opengames era la principale catena in franchising italiana nel settore videogiochi. Soffriva la mancanza di economie di scala rispetto ai giganti globali e la rapida digitalizzazione del settore, arrivando a una crisi di liquidità insostenibile.
Il Passaggio: GameStop, il colosso multinazionale del settore, ha acquisito l’intera rete (oltre 100 negozi).
L’Esito: Un salvataggio strutturale. Gli affiliati e i negozi diretti sono stati integrati nei sistemi del gigante americano. Le insegne sono cambiate, ma la “rete fisica” (i luoghi dove i clienti andavano a comprare) è sopravvissuta grazie all’infrastruttura tecnologica e finanziaria del competitor più forte.

LIMONI / LA GARDENIA → DOUGLAS (Profumeria):
La Crisi: Le due storiche catene italiane di profumeria, Limoni e La Gardenia, erano gravate da un debito finanziario schiacciante (frutto di precedenti acquisizioni a leva) che impediva loro di investire nel rinnovamento dei negozi e nel digitale, rendendole vulnerabili.

Il Passaggio: Il gigante tedesco Douglas ha acquisito entrambe le reti.
L’Esito: Un’operazione di consolidamento massiccia. Douglas ha portato capitale fresco, una piattaforma di commercio elettronico all’avanguardia e un marchio internazionale forte. I negozi sono stati rinominati Douglas, le procedure uniformate e la rete salvata dal fallimento finanziario grazie all’ingresso in un gruppo industriale solido che ha ripianato i debiti e investito nel rilancio.
3 CASI DI FALLIMENTO (Mancato Aggiornamento)

L’Errore: Avevano un marchio fortissimo e una diffusione capillare. Hanno rifiutato di aggiornare il modello operativo (basato sulle penali per il ritardo nella riconsegna) ignorando l’ascesa dello streaming e del noleggio per posta. Hanno difeso i profitti a breve termine (le penali) sacrificando la sopravvivenza a lungo termine.

L’Errore: Un marchio storico nel settore dell’arredamento economico in Italia. Non ha saputo aggiornare l’esperienza d’acquisto (negozi datati, percorsi confusi) per competere con l’esperienza moderna e fluida offerta dai concorrenti internazionali e dal commercio elettronico. Il posizionamento “prezzo basso” non è bastato a salvare un modello operativo obsoleto e una gestione finanziaria instabile.

TOYS “R” US (Rami internazionali):
L’Errore: Era la “categoria regina” dei giocattoli. Hanno caricato l’azienda di debiti (tramite Leveraged Buyout) senza investire nell’aggiornamento dei negozi, che sono diventati magazzini caotici e poco attraenti rispetto alla facilità di acquisto online. Non hanno sfruttato il posizionamento per creare un’esperienza “magica” per i bambini che giustificasse la visita fisica.

Leggi anche questo post:
FRANCHISING RETAIL: COME RILANCIARE UN BRAND NEL 2025
Una concreta guida operativa al rilancio di un brand in base alla mia esperienza acquisita nel franchising retail tecnologico.
Un percorso consigliato in 10 mosse per un riposizionamento efficace.
Rischi, opportunità, indicatori chiave e una tabella di marcia dei primi 90 giorni.
CONCLUSIONE: QUANDO “STACCARE LA SPINA”?
Ci sono casi in cui l’accanimento terapeutico è dannoso.
È meglio pianificare un’uscita ordinata o una liquidazione quando:
- Il “Saper Fare” (Know-How) è obsoleto: La casa madre non ha più nulla da insegnare che l’affiliato non possa fare meglio da solo o con la concorrenza.
- Reputazione Irrecuperabile: Quando il marchio è diventato sinonimo di disservizio o scandalo.
- Insolvenza Strutturale della Rete: Quando oltre il 50% della rete opera in perdita strutturale da più di 24 mesi senza shock esterni.
Un marchio merita di essere salvato quando la sua “anima” ovvero la promessa al cliente è ancora valida, ma il “corpo” ovvero l’esecuzione operativa è malato.
Se l’anima è corrotta o anacronistica, nessun intervento finanziario potrà evitare l’inevitabile.
L’esperienza mi porta a dire che nel mondo delle reti commerciali, questo significa una cosa sola: salvare prima la redditività dell’affiliato, poi quella della casa madre. Mai il contrario.
di Sergio Curadi Naumann – Avriolab settembre 2025
Avriolab, è un’agenzia che si è specializzata negli ultimi anni nel Franchising Retail e propone un set di servizi mirati per offrire una consulenza professionale modulare per le aziende e i franchisor in particolare che abbiano la necessità di riposizionare il proprio Brand e di rivedere le strategie di sviluppo del proprio business, per avviare un piano di rilancio.
Per una consulenza personalizzata, puoi contattarmi scrivendo una mail a: sergio.curadi@avriolab.com
Leggi anche questo post:
DROPSHIPPING E FRANCHISING: IL FUTURO DEL RETAIL PASSA DA STORE IBRIDI E STRATEGIE OMNICANALE


